22 Settembre, 2019

La tassazione delle imprese italiane.

La tassazione del reddito di una società italiana si basa sul reddito complessivo conseguito sia in Italia che all’estero. Questo articolo fornisce un’introduzione all’imposta sulle società in Italia, delineando le tipologie (IRES e IRAP) e le aliquote dell’imposta sul reddito e spiegando come viene calcolata tale imposta.

Imposta sulle società

La tassazione del reddito di una società italiana si basa sul reddito complessivo conseguito sia in Italia che all’estero. L’imposta sulle società a carico di una società straniera viene riscossa sui redditi realizzati nel territorio italiano dove ha una stabile organizzazione.

Il reddito di un’impresa è soggetto all’imposta nazionale sul reddito delle società (IRES) e all’imposta regionale sui redditi (IRAP). L’IRES è un’imposta proporzionale prelevata con l’aliquota del 24% sull’importo del reddito imponibile. L’IRAP è calcolata con l’aliquota del 3,9%.

Il reddito imponibile di un’impresa è rappresentato dai risultati esposti nel suo conto profitti e perdite. Le perdite di una società possono essere riportate e dedotte dal reddito imponibile IRES degli esercizi successivi fino alla concorrenza dell’80% del reddito imponibile. Le perdite subite nei primi tre anni d’imposta possono essere riportate e dedotte dal 100% del reddito imponibile IRES degli anni d’imposta successivi. 

La normativa italiana in materia di imposta sulle società prevede due tipi di ritenuta alla fonte: (i) ritenuta alla fonte con effetto finale; e (ii) ritenuta d’acconto sul pagamento anticipato dell’imposta sul reddito prelevata su un singolo elemento di reddito e che può successivamente essere aggiunta al reddito complessivo. Le aliquote della ritenuta d’acconto si riferiscono a dividendi, interessi e royalties. Questo documento spiega i tipi e le aliquote delle ritenute fiscali in Italia, compresi gli sgravi contro la doppia imposizione, e viene fornita una tabella delle ritenute fiscali italiane applicabili ai paesi europei.

Ritenuta fiscale

Tipi di ritenuta d’acconto

La normativa fiscale italiana prevede, tra l’altro, due tipologie di ritenuta d’acconto:

(1) ritenuta alla fonte con effetto liberatorio prelevata alla fonte; E

(2) ritenuta d’acconto sul pagamento anticipato dell’imposta sul reddito prelevata su un singolo elemento di reddito e che può successivamente essere aggiunta al reddito complessivo. L’importo della ritenuta d’acconto prelevata in anticipo viene detratto dall’imposta prelevata sul reddito complessivo. La ritenuta d’acconto viene riscossa dagli intermediari, cioè da coloro che versano i redditi soggetti a ritenuta d’acconto. Si tratta delle organizzazioni commerciali, degli esercizi commerciali, delle agenzie commerciali e degli enti non soggetti all’IRES. La ritenuta d’acconto viene riscossa dalle aziende nei seguenti casi: 

(a) sui redditi da lavoro dipendente;

(b) sui compensi per servizi indipendenti;

(c) sulle commissioni ad agenti e intermediari;

(d) sui diritti d’autore per l’utilizzo dei diritti di proprietà intellettuale, dei brevetti, dei marchi e degli altri diritti di proprietà industriale; E

(e) sui redditi di capitale (interessi su prestiti, su obbligazioni, depositi e conti correnti bancari e postali, e dividendi).

Aliquote della ritenuta d’acconto

La normativa fiscale italiana prevede l’applicazione della ritenuta alla fonte con riferimento a dividendi, interessi e royalties. 

I dividendi distribuiti a soggetti diversi dalle persone fisiche, non residenti in Italia, sono soggetti ad un’aliquota di ritenuta alla fonte pari al 26%; tuttavia, se l’entità è una società soggetta all’imposta sul reddito delle società in uno Stato appartenente all’Unione Europea e allo Spazio Economico Europeo, l’aliquota della ritenuta d’acconto applicabile è ridotta all’1,2%. Secondo la Direttiva società madre/figlia (90/434), se vengono soddisfatte determinate condizioni, i dividendi distribuiti alla società madre dalla filiale sono esentati da qualsiasi ritenuta alla fonte. 

Al fine di evitare casi di doppia imposizione (sia legale che economica) i dividendi in entrata ricevuti da una società (non residente in “paesi a bassa tassazione”) sono esenti da tassazione nella misura del 95%. Per gli interessi dovuti viene applicata un’aliquota di ritenuta alla fonte del 26%; per tutti gli altri interessi la normativa tributaria italiana prevede l’applicazione della tassazione generale integrale. 

Le royalties pagate a soggetti non residenti in Italia sono soggette ad una ritenuta fiscale del 30%; per gli altri diritti d’autore la normativa fiscale italiana prevede l’applicazione della tassazione generale piena.

Secondo la Direttiva interessi/canoni (2003/49), se vengono soddisfatte determinate condizioni, gli interessi e i canoni pagati alle “società del gruppo” (25% della partecipazione) sono esentati da qualsiasi ritenuta alla fonte. 

Agevolazione sulla doppia imposizione

Alcuni Doub internazionali, stipulati dall’Italia per mitigare la doppia imposizione, prevedono particolari disposizioni di esenzione dalla ritenuta alla fonte per alcuni tipi di reddito o fissano aliquote ridotte in relazione ad essi. Una tabella delle ritenute d’acconto sui pagamenti effettuati da una società italiana a un residente di vari paesi inclusa nella presente Pubblicazione è riportata al par [508].

Tuttavia, come accennato sopra:

  • secondo la Direttiva società madre/figlia (90/434), se sono soddisfatte determinate condizioni, i dividendi distribuiti alla società madre dalla società controllata sono esenti da qualsiasi ritenuta alla fonte;
  • secondo la Direttiva interessi/canoni (2003/49), se vengono soddisfatte determinate condizioni, gli interessi e i canoni pagati (e ricevuti) a (da) “società del gruppo” (25% della partecipazione) sono esenti da qualsiasi ritenuta alla fonte;
  • uno specifico Accordo prevede una misura per evitare la doppia imposizione sui dividendi, interessi e royalties corrisposti tra società UE e svizzere la cui logica si allinea strettamente a quella della Direttiva UE sulle società madri e figlie per i dividendi e a quella della Direttiva Interessi/canoni per gli interessi e royalties, pagamenti tra società UE: ciò implica che, se vengono soddisfatte determinate condizioni, i dividendi, gli interessi e le royalties pagati alle società svizzere sono esentati da qualsiasi ritenuta alla fonte.

In particolare, l’Italia ha firmato 97 convenzioni fiscali per evitare la doppia imposizione. 

Per informazioni su ciascun paese, visitare:

https://www.finanze.gov.it/opencms/it/fiscalita-comunitaria-e-internazionale/ convenzioni-e-accordi/convenzioni-per-evitare-le-doppie-imposizioni/ 

Tabella delle ritenute fiscali italiane applicabili ai paesi europei

Destinatario WHT (%) Dividendi Interessi Royalty Società residenti 0 0/26 (1) 0 Persone fisiche residenti 26 (2) 26 20 (3) Società residenti UE 0/1,2 (4, 5) 0 (4)/Tariffe DTT 0 (4 )/Tariffe DTT Società residenti svizzere 0 (6)/Tariffe DTT 0 (6)/Tariffe DTT 0 (6)/Tariffe DTT Società e persone fisiche non residenti: Paesi non trattati 26 (7) 26 30 (3) Paesi trattati (8): Austria 15 0/10 0/10 Belgio 15 0/15 5 Bulgaria 10 0 5 Cipro 15 10 0 Repubblica Ceca 15 0 0/5 Danimarca 0/15 0/10 0/5 Estonia 5/15 0/10 0/5/10 Finlandia 10/15 0/15 0/5 Francia 5/15 0/10 0/5 Germania 10/15 0/10 0/5 Grecia 15 0/10 0/5 Ungheria 10 0 0 Islanda 5/ 15 0 5 Irlanda 15 10 0 Kazakistan 5/15 0/10 10 Kirghizistan 15 0 0 Kuwait 0/5 0 10 Lettonia 5/15 0/10 5/10 Lituania 5/15 0/10 5/10 Lussemburgo 15 0/10 10 Malta 15 0/10 0/10 Paesi Bassi 5/10/15 0/10 5 Norvegia 15 0/15 5 Polonia 10 0/10 10 Portogallo 15 0/15 12 Romania 0/5 0/5 5 San Marino 0/5 /15 0/13 0/10 Repubblica Slovacca 15 0 0/5 Slovenia 5/15 0/10 5 Spagna 15 0/12 4/8 Svezia 10/15 0/15 5 Svizzera 15 12,5 5 Regno Unito 5/15 0/ 10 8 Note

  1. La tariffa effettiva applicabile dipende dalla natura del destinatario. I tassi applicabili sono i seguenti: 0% si applica ai contratti di prestito e alle obbligazioni ordinarie quando il destinatario è una società; Tasso del 26% in tutti gli altri casi.
  2. Per i soggetti residenti si applica generalmente una ritenuta del 26%, ma esiste un regime di diritti acquisiti per i dividendi ricevuti da azionisti “qualificati” (vale a dire che detengono più del 20% dei diritti di voto o il 25% del capitale sociale, il 2% o il 5% nel caso delle società quotate). L’aliquota applicabile agli “azionisti non qualificati” è sempre del 26%. I non residenti sono sempre soggetti ad una WHT del 26%, indipendentemente dal fatto che siano o meno “qualificati”.
  3. L’aliquota nazionale si applica sul 75% dell’importo lordo delle royalties corrisposte; tuttavia, i massimali previsti dal trattato si applicano all’importo lordo delle royalty pagate.
  4. Ai sensi delle Direttive UE e a condizione che siano soddisfatti i requisiti ivi stabiliti, i pagamenti di dividendi, interessi e royalties effettuati da una società italiana a una società del gruppo residente nell’UE possono essere esenti dalla WHT. Nello specifico dei dividendi, la quota di partecipazione minima (per beneficiare di tale esenzione) è attualmente pari al 10%; per interessi e royalties è pari al 25% dei diritti di voto; per entrambi si applica un periodo di detenzione minimo di un anno.
  5. Qualora non si applicasse l’esenzione totale dalla WHT, si applicherà l’1,2% sui dividendi pagati alle società con residenza fiscale nell’UE e nel SEE.
  6. Ai sensi dell’accordo fiscale Svizzera – UE e a condizione che i requisiti in esso contenuti siano soddisfatti, i pagamenti di dividendi, interessi e royalties effettuati da una società italiana a una società del gruppo residente fiscale svizzero possono essere esenti dalla WHT.
  7. I soggetti non residenti hanno diritto ad ottenere il rimborso fino al 26/11 della ritenuta effettuata, previa prova dell’effettiva tassazione dei dividendi nello Stato estero di residenza del percettore.
  8. A condizione che tutte le condizioni siano soddisfatte, si applica la legislazione fiscale nazionale se più favorevole per il contribuente. In una serie di circostanze, i trattati fiscali possono prevedere aliquote fiscali particolari dipendenti principalmente dalla natura degli strumenti e dal profilo dei destinatari/pagatori. In tali casi, l’aliquota WHT applicabile deve essere verificata mediante un’analisi del trattato fiscale pertinente.

Questo documento riassume le norme sull’applicazione delle imposte di registro e di trasferimento in Italia e fornisce le aliquote fiscali.

Tasse di registrazione e di trasferimento

Le operazioni sul capitale che comportano un aumento di capitale in denaro o una cessione di beni mobili, se soggette ad IVA, sono soggette all’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro. Le vendite di immobili sono soggette ad un’imposta di registro compresa tra l’1% e il 15% a seconda della tipologia dell’immobile più le imposte ipotecarie e catastali (complessivamente circa il 3%). Tale imposta viene riscossa sugli atti stipulati in Italia e si riferisce al valore di mercato di tali atti, indipendentemente dai valori dichiarati negli atti stessi. 

I contratti di trasferimento dei diritti sono soggetti (a seconda della tipologia dell’atto) ad aliquote proporzionali variabili dallo 0,5% al ​​3%. In alcuni casi i contratti di cessione sono soggetti ad IVA purché, in ottemperanza al principio di applicabilità alternativa tra IVA e imposta di registro, tali contratti siano soggetti solo ad imposta di registro nella misura fissa di 200 euro. 

Sulle vendite di immobili e sulla prestazione di servizi da parte di imprese in Italia si applica l’IVA con l’aliquota del 21% sull’importo della vendita o sul valore dichiarato dei servizi. Questa aliquota viene ridotta al 4% o al 10%, a seconda dei casi, se l’azienda si occupa della vendita di particolari categorie di beni. Questo documento spiega l’applicazione dell’IVA alle società secondo la legge italiana. 

Imposta sul valore aggiunto (IVA)

Sulla vendita di immobili e sulla prestazione di servizi da parte di imprese in Italia si applica l’IVA con l’aliquota del 22% sull’importo della vendita o sul valore dichiarato dei servizi. Tale aliquota è ridotta al 4% o al 10%, a seconda dei casi, se l’azienda si occupa di vendita di particolari categorie di beni (come prodotti agricoli, beni agronomici, pesce, latte e latticini, ecc.). 

L’IVA è pagata anche sulle importazioni da paesi extra CEE e sulle operazioni con l’estero, ma è esclusa, in base al principio territoriale, su particolari operazioni di esportazione (nei limiti e alle condizioni previste dalla legge). Sono soggette ad IVA anche le operazioni effettuate in Italia da soggetti non residenti che hanno una stabile organizzazione in Italia.

La Direttiva CE n. 91/680, che modifica la Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, stabilisce un regime transitorio per le vendite transfrontaliere tra operazioni commerciali nella Comunità Europea. In caso di vendita di beni, l’IVA deve essere pagata nel luogo in cui si trovano i beni. Sulla prestazione dei servizi si fa una distinzione: se l’acquirente è soggetto IVA, l’IVA deve essere pagata nello Stato in cui l’acquirente è residente o domiciliato fiscalmente; se l’acquirente è un consumatore, l’IVA deve essere pagata nello Stato in cui l’esecutore è residente o domiciliato fiscalmente. L’IVA viene pagata sulla base delle dichiarazioni effettuate su base mensile o trimestrale. 

Si considerano effettuate in Italia le vendite di beni immobili o mobili nazionali o nazionalizzati situati in Italia.

La legge che disciplina l’applicazione dell’IVA prevede che alcune operazioni siano esenti da imposta (ad esempio, operazioni di credito e di finanziamento; operazioni assicurative; operazioni in valuta estera; operazioni riguardanti azioni e obbligazioni). L’IVA si basa sul principio del “ricorso obbligatorio”. Pertanto, ciascun agente di commercio è tenuto a versare allo Stato italiano, su base mensile o trimestrale (a seconda del fatturato realizzato), l’eventuale IVA riscossa al netto dell’IVA pagata sulle operazioni di cui è stato beneficiario.

L’applicazione dell’IVA prevede una serie di passaggi tra cui l’obbligo da parte dell’esecutore del servizio o del venditore del bene di emettere fattura; l’obbligo di tenere e conservare un libro con l’elenco di tutte le fatture emesse e degli acquisti effettuati. Ogni anno le aziende devono presentare una dichiarazione IVA, contestualmente alla dichiarazione dei redditi, indicando le operazioni di fatturato effettuate, nonché l’importo dell’IVA riscossa e l’importo dell’IVA pagata. Entro il 16 marzo di ogni anno dovrà essere versato l’eventuale importo dovuto in aggiunta a quanto versato su base mensile o trimestrale.

Le ‘plusvalenze’ (redditi diversi di natura finanziaria) sono redditi derivanti dalla cessione di capitale precedentemente investito, tra cui azioni (o quote di società a responsabilità limitata), valute e obbligazioni. Nell’ambito di questo commento al diritto societario in Italia, il presente documento illustra il trattamento fiscale delle plusvalenze, delineando le opzioni relative alla loro tassazione nonché le condizioni per l’applicazione del regime di esenzione dalla partecipazione. 

Imposte sulle plusvalenze

I ‘plusvalenze’ (‘ redditi diversi di natura finanziaria ‘) sono redditi derivanti dalla cessione di capitale precedentemente investito, comprese azioni (o quote di una Srl), valuta estera e obbligazioni.

Le plusvalenze di un individuo possono essere tassate, ciascuna con diversi vantaggi che non vengono trattati in dettaglio di seguito:

(1)     Regime della dichiarazione , che tassa le plusvalenze effettivamente realizzate con un’aliquota del 26%, su base annua.

(2)     Regime Amministrato , che tassa le plusvalenze effettivamente realizzate al termine di ciascuna operazione con un’aliquota del 26%. Non è applicabile alle partecipazioni qualificate e consente l’anonimato del contribuente.

(3)     Regime Gestito (“opzione di gestione patrimoniale”), in cui la tassazione si basa sulla “base di competenza annuale” indipendentemente dal reddito realizzato. Non è applicabile alle partecipazioni qualificate e l’aliquota fiscale è del 26%.

Un regime particolare viene applicato alle plusvalenze da partecipazioni effettuate da società: se sono soddisfatte determinate condizioni (vedi sotto) la plusvalenza viene prelevata solo sul 5% della base imponibile (la percentuale di esenzione è del 95%). Per poter godere di questo regime di esenzione dalla partecipazione devono essere soddisfatte quattro condizioni: 

(a) possesso ininterrotto della partecipazione dal primo giorno del dodicesimo mese precedente la sua vendita (il “periodo di detenzione”);

(b) la partecipazione deve essere classificata come attività finanziaria (“ Immobilizzazioni finanziarie ”) nel primo bilancio chiuso durante il primo periodo di detenzione; 

(c) la residenza della società partecipata non deve essere in uno Stato che non sia residente nei “paesi a bassa tassazione”; 

(d) la controllata deve esercitare un’attività commerciale.

 

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